La struttura del CE, fissa e prestabilita dal Codice civile, assume una forma "A SCALARE" ovvero (sebbene sia un vero e proprio "conto" della contabilità generale) si sviluppa IN VERTICALE per evidenziare, oltre al risultato finale (l'utile o la perdita d'esercizio), anche altri risultati INTERMEDI.
A dispetto dello SP, nel CE mancano le CLASSI individuate con i numeri ROMANI.
Ci sono invece sia le MACROCLASSI che le VOCI che, eventualmente, le SOTTOVOCI (lettere maiuscole, numeri arabi, lettere minuscole).
I componenti positivi e negativi di competenza dell' esercizio con cui verrà calcolato il reddito (d'esercizio) sono distinti in base alla loro NATURA ovvero alla relazione che hanno con i fattori produttivi utilizzati nel corso dell'esercizio, per i costi, e con i ricavi di competenza.
A prima vista la struttura del CE potrebbe far pensare ad uno schema "A VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE" (il riferimento concettuale va alla gestione caratteristica = insieme delle operazioni che si possono collegare all'attività per cui è stata creata l'impresa) ma anche qui, come per lo SP, le indicazioni teoriche date dagli studiosi dell'economia aziendale durante il periodo di recepimento delle IV direttiva CEE sui conti annuali e consolidati sono state adottate solo in parte e in maniera "spuria" (= con qualche vistosa imprecisione).
Alcuni esempi:
- la mitica voce A 5) "altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio" rientrerebbe nel "valore della produzione" (il che farebbe pensare alla gestione caratteristica) ma in realtà, dovendo contenere i contributi, le plusvalenze ordinarie e le componenti positive della gestione extracaratteristica (o accessoria o patrimoniale o atipica), rende potenzialmente la macroclasse A "Valore della produzione" un qualcosa di diverso dalla quantificazione di quel che l'impresa "produce" con la sola attività "tipica" dell'impresa;
- nella macroclasse C "proventi e oneri finanziari" (il che farebbe pensare alla gestione finanziaria = interessi attivi, o proventi, che maturano quando avendo delle eccedenze di cassa l'impresa "presta" ad altri del denaro contante meno gli interessi passivi, o oneri, che maturano nell' esercizio quando l 'impresa "prende in prestito" da altri del denaro contante) alla voce 15 devono essere inseriti i "proventi da partecipazioni" (= i dividendi annuali pagati dalle S.p.A. di cui si possiedono alcune azioni) che non riguardano in alcun modo la sfera dei "prestiti di denaro" (fatti o ricevuti) e che, inoltre, per le società cosiddette HOLDING (= che si occupano esclusivamente di gestire i vari pacchetti azionari posseduti senza svolgere alcuna attività di tipo produttivo "diretto") rientrerebbero tra le componenti positive della loro gestione caratteristica e non in quella finanziaria.
Una particolare attenzione va riservata all'inserimento delle rimanenze nel CE.
Innanzittutto, per le imprese industriali, vanno distinte in due grandi gruppi:
- le rimanenze che si riferiscono a "oggetti vendibili autonomamente" (prodotti finiti o semilavorati) oppure sono degli "oggetti" che alla fine dell'esercizio si trovano a essere ancora all'interno del processo produttivo (= "prodotti in corso di lavorazione");
- le rimanenze che si riferiscono ai "fattori produttivi" (materie prime, di consumo e sussidiarie).
Per le imprese commerciali si parla genericamente solo di "merci" (tant'è che le imprese commerciali vengono anche chiamate imprese "mercantili"). Le merci devono essere inserite nella macroclasse B, tra i "costi di produzione".
Invece, per le imprese industriali, le rimanenze dei prodotti finiti e simili vanno inserite nella macroclasse A tra il "valore della produzione" (nella voce 2)) mentre le rimanenze delle materi prime devono essere inserite nella macroclasse B, tra i "costi di produzione" (nella voce 11)).
In più, non dev'essere indicato nel CE il valore totale delle rimanenze ma solo LA SUA VARIAZIONE TRA L'INIZIO E LA FINE DELL'ESERCIZIO.
Quindi, occorre ricordare che CONTABILMENTE LE ESISTENZE INIZIALI SONO INSERITE TRA I COSTI D'ESERCIZIO (in "dare" del CE contabile) E LE RIMANENZE FINALI SONO INSERITE TRA I RICAVI D'ESERCIZIO (in "avere" del CE contabile) per cui nel CE del bilancio d'esercizio abbiamo che:
- per i prodotti finiti, se le rimanenze finali > esistenze iniziali allora i ricavi sono > dei costi per cui la variazione da indicare in A 2) è positiva perché va ad aumentare il valore della produzione; mentre vale il viceversa se le rimanenze finali < esistenze iniziali (aumentano i costi e quindi il valore della produzione deve diminuire, perciò il valore da indicare in A 2 deve essere negativo);
- per le materie prime, se le rimanenze finali > esistenze iniziali allora le rettifiche dei costi (= ricavi) sono
> dei costi (come sopra) per cui la variazione da indicare in B 11) è negativa
perché va a diminuire i costi della produzione; mentre vale il
viceversa se le le rimanenze finali < esistenze iniziali (aumentano i
costi e quindi il valore dei costi della produzione deve aumentare, perciò il
valore della variazione da indicare in B 11 deve essere positivo).
Per le merci delle imprese commerciali vale il ragionamento fatto per le materie prime delle imprese industriali in quanto le merci devono essere riserite in B 11 nei "costi della produzione".
Il ragionamento è leggermente contorto perché, ripeto, non si lavora sui totali delle rimanenze finali e delle esistenze iniziali ma "solo" sulla loro variazione nel corso dell'esercizio (= differenza tra valore all'inizio e valore alla fine del periodo).
Di seguito l'immago dello schema di CE tratta dal Codice civile.
Stavolta niente PDF.
Il prof.
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